USA: tra legalizzazione e 30 milioni di arresti, il vero costo della proibizione

8 Ottobre 2025

REDAZIONE

Negli Stati Uniti, la marijuana si trova ancora oggi al centro di una contraddizione profonda: mentre è legale e venduta a scopo di lucro in 19 stati (dato 2020), decine di migliaia di persone continuano a essere arrestate ogni anno per possesso o consumo. Nel solo 2020, più di 317.000 arresti sono stati effettuati per possesso di cannabis, nonostante un calo del 36% rispetto all’anno precedente. È stato il primo anno in cui la marijuana non è stata la principale causa di arresto per droga: il 27,5% degli arresti per droga riguardava la cannabis, mentre il 36% era legato a sostanze come cocaina e metanfetamine.

Eppure, i numeri restano impressionanti. Secondo l’FBI, ogni due minuti una persona viene arrestata per violazioni legate alla marijuana. Dal 1965 a oggi, gli arresti per cannabis hanno superato i 30 milioni. E non si tratta solo di una questione di giustizia penale: dietro questi numeri ci sono vite segnate da discriminazione, stigmatizzazione e da tutte le conseguenze collaterali di un precedente penale — dalle difficoltà lavorative alla perdita di accesso a servizi sociali e opportunità abitative.

Le disparità razziali rimangono intatte: nel 2020, i cittadini afroamericani costituivano il 38,8% degli arresti per possesso di marijuana, pur rappresentando appena il 13,6% della popolazione e consumando cannabis alle stesse percentuali dei bianchi. Secondo l’ACLU, a livello nazionale le persone nere hanno 3,6 volte più probabilità di essere arrestate per marijuana rispetto ai bianchi, con tassi ancora più alti in diversi stati. Anche le comunità latine, indigene e a basso reddito sono sproporzionatamente colpite dalle politiche punitive e dalle tattiche di sorveglianza selettiva.

Oltre all’arresto, il sistema giudiziario impone spesso il trattamento obbligatorio per l’uso di cannabis. Nel 2019, circa 100.000 persone sono state indirizzate ai programmi di trattamento dal sistema giudiziario, rappresentando quasi la metà delle ammissioni complessive ai centri pubblici. Fallire questi programmi significa rischiare le stesse conseguenze di una condanna penale.

Gli effetti si ripercuotono anche su altri fronti:

  • Le carceri e prigioni non risolvono il problema, con un aumento del 600% delle morti per overdose tra il 2001 e il 2018 dietro le sbarre.

  • Dopo la scarcerazione, il rischio di overdose da oppiacei è 27 volte superiore rispetto alla popolazione generale.

  • Le donne nere e i loro neonati hanno il 50% in più di probabilità di essere sottoposti a test antidroga senza consenso.

  • Le leggi sulle droghe hanno contribuito a circa 1 deportazione su 5 tra il 2013 e il 2020 per persone con condanne penali.

Il peso economico è altrettanto gravoso: la “guerra alla droga” costa 47 miliardi di dollari l’anno agli Stati Uniti. Solo la DEA assorbe 3,3 miliardi di dollari annui, equivalenti a 6.300 dollari al minuto.

Nonostante il declino degli arresti e l’onda crescente di riforme (88% degli americani è favorevole alla legalizzazione della marijuana per scopi medici o ricreativi), diverse giurisdizioni continuano a muoversi nella direzione opposta. Stati come Idaho e Texas hanno introdotto nuove penalità severe o hanno annullato ordinanze di depenalizzazione, mentre in Ohio alcuni legislatori cercano persino di ribaltare leggi di legalizzazione già approvate dagli elettori.

Il quadro che emerge è duplice: da un lato, progressi storici — oltre 2,4 milioni di statunitensi hanno già ottenuto la cancellazione delle condanne legate alla cannabis; dall’altro, resistenze radicate, che perpetuano arresti inutili e disparità sociali.

La realtà è che il più grande danno associato alla marijuana non è la sostanza in sé, ma la sua proibizione. Come sottolinea NORML, “nessuno dovrebbe mai essere arrestato o incarcerato per un uso responsabile di cannabis”. La sfida del futuro non è solo ampliare la legalizzazione, ma farlo con criteri di giustizia, equità e reinvestimento nelle comunità più colpite, trasformando una pagina oscura della politica americana in un’occasione di riscatto sociale.

Politiche, opinione pubblica e futuro della riforma

Se da un lato i dati sugli arresti raccontano la durezza del passato e del presente, dall’altro la società americana sta cambiando rapidamente. Secondo il Pew Research Center, l’88% degli adulti è favorevole alla legalizzazione della marijuana, almeno per uso medico. La maggioranza, quindi, non solo tollera la cannabis, ma considera superata la sua criminalizzazione.

Tuttavia, il modo in cui gli stati implementano le riforme resta cruciale. Non basta aprire mercati legali: senza criteri di equità, le comunità più colpite dalla “guerra alla droga” rischiano di restare escluse dai benefici economici. Alcuni stati hanno avviato programmi di “equity licensing”, che riservano licenze di vendita e coltivazione a chi ha subito condanne per cannabis o proviene da quartieri duramente colpiti dalle politiche repressive. Queste iniziative, pur tra difficoltà e critiche, cercano di trasformare un’ingiustizia storica in un’opportunità di riscatto.

Un altro fronte è quello internazionale. Mentre gli Stati Uniti affrontano le proprie contraddizioni, diversi paesi — dal Canada all’Uruguay — hanno già legalizzato la cannabis a livello nazionale, influenzando il dibattito globale e mettendo pressione su Washington affinché aggiorni le proprie politiche.

Infine, restano le sfide legate all’accesso alle cure. Farmaci come metadone e buprenorfina dimostrano di ridurre drasticamente il rischio di overdose, e i centri di prevenzione del consumo e dell’overdose (Overdose Prevention Centers) hanno salvato migliaia di vite laddove sono stati autorizzati. Ma la loro diffusione incontra resistenze politiche e culturali, in particolare negli stati più conservatori.

La storia della marijuana negli Stati Uniti è un intreccio di numeri impressionanti, vite spezzate e opportunità mancate, ma anche di progressi concreti e di un consenso sociale ormai maggioritario. Se è vero che oltre 30 milioni di arresti hanno segnato decenni di proibizionismo, è altrettanto vero che oggi esiste una strada diversa, più giusta e sostenibile.

Il futuro dipenderà dalla volontà politica di trasformare questa svolta in un vero cambio di paradigma: dalla criminalizzazione alla salute pubblica, dalla repressione alla giustizia riparativa. Solo così la cannabis potrà diventare il simbolo non di un fallimento, ma di una rinascita sociale ed economica.