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07 Jan 2023
La Thailandia sembra essere diventata “baa her”, ovvero pazza, per la cannabis. Un’esplosione di prodotti cannabici infatti, sta invadendo il Paese del sud est asiatico da quando la pianta è stata rimossa dall’elenco dei narcotici vietati.
Nel mese di Giugno, infatti, la Thailandia ha sorpreso il mondo rendendo legale l’acquisto e la vendita di marijuana, una mossa inaspettata per un Paese che in precedenza aveva emesso dure pene detentive, anche fino a 15 anni per chiunque fosse stato sorpreso con la marja.
In realtà la rimozione della cannabis dalla lista di stupefacenti vietati, aveva solo lo scopo di rendere più facile, per i coltivatori e i consumatori di prodotti a base di cannabis, l’accesso alla pianta per scopi medicinali o culinari. Fumare la droga in modo ricreativo rimane, in effetti, contro la legge. Tuttavia, l’uso ricreativo è decollato guidando un nascente business di cime di cannabis, biscotti e bevande che la polizia non è in grado di ostacolare in base alle leggi sulla droga esistenti e visto che nessuno è tenuto a mostrare alcuna prova di prescrizione medica.
E così stanno spuntando nuove filiere di prodotti a base di cannabis e dei suoi derivati, dalle foglie utilizzate nella salsa piccante agli orsetti gommosi infusi con terpeni, dal tè di canapa alle canne pre-rollate.
È diventata a tutti gli effetti una nuova occasione per guadagnarsi da vivere soprattutto per molti giovani, come racconta ad Al Jazeera Mada, una giovane ventunenne che lavora in un dispensario di erba nella Thailandia orientale, mentre il suo ragazzo coltiva piante di cannabis a casa e molti dei suoi amici vendono bong, pipe e cime in bancarelle e bar temporanei.
“Da quando la legge è cambiata, vedi storie su Instagram su quanti della mia fascia d’età ora hanno una nuova possibilità di guadagnarsi da vivere” racconta Mada.
Sui social media, infatti l’hashtag #saikiew, o “stile di vita verde”, è diventato un modo popolare per promuovere i prodotti a base di cannabis e condividere suggerimenti sulla coltivazione della pianta. E sta iniziando a salire a bordo di questo boom anche il commercio del turismo. Il The Beach Samui, sull’isola di Koh Samui, infatti ha già lanciato il primo “dispensario di erbe” all’interno dell’hotel, dove gli ospiti possono degustare “medicine naturali di alta qualità a base di cannabis” per “migliorare il naturale viaggio verso il benessere”. Altri hotel vendono “pizze all’erba” e distribuiscono spinelli che puoi fumare accanto alle piscine dei loro resort.
Ma tutto questo potrebbe subire presto una battuta di arresto. Attualmente le aziende si muovono, infatti, in una sorta di zona grigia a causa di un vuoto normativo per cui il farmaco è stato depenalizzato prima che i legislatori potessero concordare come regolamentare il settore. Crescono le preoccupazioni della società sull’impatto della legalizzazione e i politici sono sotto pressione per frenare, o addirittura vietare, l’uso ricreativo e garantire che la cannabis non raggiunga i bambini.
Il ministro della Sanità Anutin Charnvirakul ha provveduto già a ribadire che l’allentamento della legge era destinato a scopi medici. “L’intera pianta non è più (a) narcotica”, ha detto ai giornalisti, aggiungendo che “può essere utilizzato solo l’estratto, non i fiori, gli alberi né le radici con meno dello 0,2% di THC”, riferendosi al composto che fornisce il massimo del farmaco.
Molte persone, però, temono che una volta svanito il clamore, le piccole imprese rimarranno con un mercato saturo di cannabis e saranno costrette a sostenere costi elevati per coltivare varietà premium con migliori margini di profitto. E questo è un rischio, soprattutto per i piccoli coltivatori perché coltivare una buona erba o quella più richiesta dal mercato non è semplice e purtroppo, quello che sta già accadendo è che si deve far ricorso alle importazioni. Attualmente, infatti, la domanda di varietà di cannabis più forti non originarie della Thailandia è elevata, come la potente White Widow, che contiene fino al 25% di THC.
L’incapacità dei coltivatori locali di soddisfare la domanda ha portato le importazioni americane illegali a riempire gli scaffali tailandesi. “Circa il 70 percento dell’erba che circola in questo momento nel mercato thailandese proviene dalle importazioni statunitensi”, ha spiegato sempre ad Al Jazeera un coltivatore di cannabis di lunga data che si fa chiamare Squid Roll.
Ecco quindi che quel grande mercato della cannabis thailandese che gli esperti ritengono varrà presto diversi miliardi di dollari all’anno, potrebbe non essere gestito, un giorno, da piccoli proprietari del posto. No, la maggior parte di quel grande bottino sarebbe assorbito, molto probabilmente, da grandi aziende che hanno acquistato già terreni per piantagioni, proprietari di fabbriche che producono oli di CBD di fascia alta o centri benessere che dovrebbero ricevere turisti da tutto il mondo per i trattamenti.
“La gente vede la pianta solo come un modo per fare soldi… è triste perché non è questa la cultura della ganja” commenta un sostenitore di lunga data della legalizzazione della cannabis che ha recentemente aperto il dispensario Chopaka Shop nel centro di Bangkok. Secondo lui è ormai tardi per revocare la legge sull’uso ricreativo, soprattutto perché è una legge voluta da un governo fortemente indebitato che non vorrebbe sicuramente rinunciare al gettito fiscale che deriverebbe da questo mercato.