30 Settembre 2025
Secondo un nuovo studio internazionale, esiste una “forte associazione negativa” tra il consumo di tabacco e le vendite di marijuana legale a scopo terapeutico, il che indica un “forte potenziale effetto di sostituzione” laddove le persone scelgono di consumare cannabis dove è consentita invece di fumare sigarette.
Lo studio, basato su dati provenienti da 20 paesi, ha inoltre rilevato che il consumo di anfetamine è “negativamente associato” alle vendite di cannabis a scopo terapeutico, “suggerendo dinamiche di sostituzione”.
I ricercatori hanno inoltre concluso che un “mercato [della cannabis a scopo terapeutico, o MC] ben regolamentato può generare benefici economici duraturi, sottolineando la necessità di quadri giuridici completi che affrontino questioni di licenze, standard di produzione e percorsi di accesso”, aggiungendo che “rimuovere le barriere all’accesso e migliorare l’educazione dei consumatori sosterrà lo sviluppo di un mercato responsabile e sostenibile”.
“L’effetto di sostituzione osservato con il consumo di tabacco suggerisce che, man mano che la MC diventa più accessibile, una parte dei consumatori potrebbe ridurre il consumo di tabacco”.
L’analisi ha anche mostrato “una traiettoria di crescita sostenuta” nelle vendite di cannabis terapeutica dopo la legalizzazione, rilevando che il cambiamento di politica è “associato a un aumento medio annuo di 26,06 tonnellate di vendite di MC nei paesi in via di legalizzazione”. Dopo aver escluso gli Stati Uniti, che i ricercatori hanno definito “un’importante anomalia in termini di dimensioni del mercato”, si è riscontrato “un effetto medio leggermente inferiore, pari a 20,05”, che “supporta comunque la persistente espansione del mercato”.
Gli autori, con sede in Germania e Libano, hanno avvertito che “data la natura ecologica del modello, questi risultati dovrebbero essere interpretati come associazioni a livello di popolazione piuttosto che come effetti causali a livello individuale”. “Tuttavia, evidenziano la potenziale rilevanza economica della legalizzazione della cannabis nell’espansione dei mercati regolamentati e nella ridefinizione del comportamento dei consumatori”, si legge nell’articolo. “Lo studio contribuisce ai dibattiti sulla legalizzazione, la salute pubblica e la politica economica fornendo prove empiriche sulle associazioni tra riforme legali e dinamiche di mercato”.
Lo studio si inserisce in un contesto in cui nuove ricerche indicano che l’uso di marijuana è collegato a un minor consumo di alcol e a una diminuzione del desiderio di alcol nei forti bevitori, secondo un nuovo articolo scientifico finanziato a livello federale.
In uno studio condotto all’inizio di quest’anno, gli scienziati dell’Università di Sydney hanno pubblicato un articolo che indagava la teoria secondo cui il cannabidiolo non inebriante potrebbe attenuare i problemi di alcolismo. La ricerca, pubblicata sulla rivista British Journal of Pharmacology con finanziamenti dell’Australian National Health and Medical Research Council, ha rilevato che “il CBD rappresenta un candidato promettente per ridurre il consumo volontario di alcol”.
Secondo uno studio finanziato a livello federale pubblicato sulla rivista Nature all’inizio di quest’anno, il CBD ha il potenziale per trattare il disturbo da uso di alcol riducendo i sintomi di astinenza e il rischio di ricadute, offrendo al contempo effetti neuroprotettivi. I risultati di tale studio “sottolineano la potenziale utilità terapeutica del CBD per il disturbo da uso di alcol (AUD) e forniscono approfondimenti meccanicistici sui suoi effetti”, hanno osservato.
Ciò avviene anche in un momento in cui i giovani americani utilizzano sempre più bevande a base di cannabis come sostituto dell’alcol: secondo un nuovo sondaggio condotto su 1.000 giovani professionisti, uno su tre tra i millennial e i lavoratori della generazione Z preferisce le bevande al THC agli alcolici per le attività dopo il lavoro, come l’happy hour.