La Canapa che Spacca la Lega: Fratture Istituzionali e Contraddizioni del Decreto Sicurezza

9 Maggio 2025

REDAZIONE

Il decreto Sicurezza varato dal governo italiano ha finito col creare una frattura profonda non solo tra Stato e Regioni, ma anche all’interno dello stesso schieramento politico che ne ha promosso l’approvazione. In particolare, il caso dell’articolo 18 – quello che mette sotto scacco il settore della canapa industriale – ha scatenato una vera e propria rivolta istituzionale guidata, in modo emblematico, da rappresentanti della Lega veneta, in netta contrapposizione con la linea del governo nazionale sostenuto anche dalla Lega stessa.

Il punto del contendere è chiaro: dal 12 aprile 2025, con l’entrata in vigore del decreto, è diventata illegale la commercializzazione delle infiorescenze di Cannabis sativa L. anche quando queste contengono percentuali di THC inferiori ai limiti stabiliti dalla legge. Il provvedimento ha fatto infuriare gli assessori regionali all’Agricoltura, quasi all’unanimità, che si sono mossi compatti – ad eccezione di Lazio e Lombardia – scrivendo al ministro Lollobrigida per chiedere una revisione immediata del testo.

A guidare la ribellione è Federico Caner, assessore veneto leghista e fedelissimo del presidente Luca Zaia. Nella lettera inviata al governo, Caner evidenzia il danno diretto inflitto a un comparto che in Italia coinvolge circa 3.000 imprese, con oltre 30.000 lavoratori, un fatturato complessivo da 500 milioni di euro e un’alta vocazione all’export, che copre il 90% della produzione. La canapa, sostiene Caner, è sostenuta da anni da finanziamenti pubblici regionali, statali ed europei, e l’articolo 18 del decreto ne mette a rischio la sopravvivenza. Per questo le Regioni chiedono non solo una revisione del divieto, ma anche un’apertura alla possibilità di utilizzare le infiorescenze di canapa contenenti cannabidiolo per scopi diversi dal florovivaismo.

Palazzo Chigi ha risposto in modo netto, attraverso una nota ufficiale del Dipartimento per le politiche antidroga: nessuna intenzione di modificare l’articolo 18 e nessun rischio, secondo il governo, per la filiera della canapa. Il decreto, afferma il Dipartimento, non cambia in alcun modo la legge 242 del 2016 – che promuove la coltivazione della canapa a uso agroindustriale – ma si limita a chiarirne l’ambito applicativo. In particolare, punta a frenare la commercializzazione delle infiorescenze nei cosiddetti “cannabis shop”, fenomeno che, secondo l’esecutivo, sta diffondendo un’idea errata di legalizzazione della cosiddetta “cannabis light”.

Una posizione che si scontra con la realtà concreta e con la normativa europea. Lo ricorda con fermezza l’avvocato Giuseppe Libutti dell’associazione Canapa Sativa Italiana, il quale sottolinea che nessuna norma interna né sentenza nazionale può ignorare o superare i principi sanciti dai

Trattati dell’Unione Europea, che garantiscono la libertà di concorrenza, di stabilimento e la libera circolazione delle merci. Per Libutti, la normativa europea tutela la canapa nella sua interezza, non solo nei suoi semi e derivati, e promuove l’armonizzazione del mercato comune anche in questo settore.

In questo scontro tra visioni e interessi, a emergere è la contraddizione interna della Lega, che da un lato governa con pugno duro a Roma e dall’altro si vede contestata nelle sue roccaforti regionali del Nord. La Lega di governo è oggi messa in discussione dalla Lega territoriale, più vicina ai produttori e alle imprese, e in parte anche alle istanze pragmatiche dell’economia agricola.

Il contrasto non è solo politico, ma anche culturale e sociale. A sostegno della protesta è intervenuto un ampio fronte di giuristi e associazioni civili. Più di 250 professori di diritto pubblico hanno sottoscritto un appello per una “sicurezza democratica”, criticando il decreto nei contenuti e nelle modalità. Contemporaneamente, numerose realtà della società civile – tra cui Arci, Acli, Antigone, Forum Droghe, Cgil e altre – hanno avviato una staffetta di digiuno che durerà fino al 30 maggio, data della manifestazione nazionale indetta a Roma dalla rete “A pieno regime”.

Lo scontro sulla canapa diventa così simbolo di un dissenso più ampio, che investe il rapporto tra Stato centrale e autonomie regionali, tra ideologia repressiva e realtà produttiva, tra norme italiane e principi europei. In mezzo, ancora una volta, le imprese e i cittadini, costretti a muoversi in una giungla normativa che cambia volto a ogni giro di decreto.