Il tribunale italiano contesta la stretta di Meloni sulla canapa e conferma il diritto dell’UE

14 Giugno 2025

Aurélien BERNARD

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In una grave battuta d’arresto per il tentativo del governo italiano di reprimere l’industria della canapa, un tribunale di Parma si è pronunciato a favore dell’imprenditore Luca Marola, fondatore di EasyJoint, affermando che i fiori di canapa e i loro derivati ​​sono legali secondo il diritto dell’Unione Europea.

Questa decisione arriva dopo sei anni di battaglie legali, culminate con l’assoluzione di Marola dalle accuse di traffico di droga e possesso illegale a seguito di un’irruzione della polizia nel 2019.

Il signor Marola, la cui azienda era un tempo leader del mercato italiano dei prodotti a base di canapa a basso contenuto di THC, è stato accusato di reati di droga dopo che le autorità hanno sequestrato oltre 650 kg di fiori di canapa industriale e 19 litri di olio di canapa. Il tribunale ha infine stabilito che i fatti non sussistevano, respingendo la tesi dell’accusa e scagionando il signor Marola da tutte le accuse a suo carico.

“Quest’indagine è stata grottesca”, ha dichiarato Marola dopo il verdetto. “Hanno distrutto un magazzino da 2 milioni di euro e la prima azienda di cannabis light in Italia”.

Il decreto controverso

Questa decisione contesta direttamente il decreto sicurezza introdotto dal Primo Ministro Giorgia Meloni ad aprile. Adottato senza dibattito parlamentare in base ai poteri d’urgenza, il decreto criminalizza la coltivazione di canapa attiva, la sua vendita e il possesso di composti non psicoattivi come CBD, CBG e CBN, classificandoli come stupefacenti.

I critici lo hanno definito un “decreto repressivo”, avvertendo che ignora le prove scientifiche e viola sia le norme del mercato interno dell’UE sia la Costituzione italiana. L’articolo 18 del decreto prevede anche nuove classificazioni penali e sanzioni non correlate alla canapa, sollevando preoccupazioni circa le più ampie motivazioni ideologiche del decreto.

“Questo verdetto demolisce la teoria ideologica secondo cui i fiori e gli oli di canapa siano droghe, indipendentemente dal loro contenuto”, ha dichiarato Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle. “Manda un messaggio chiaro: vietare tutto ciò che è basato sull’ideologia non fa altro che distruggere le imprese e sconvolgere vite umane.”

Conflitti costituzionali e dell’UE

L’avvocato difensore Giacomo Bulleri ha sostenuto durante il processo che la posizione dell’Italia sulla canapa industriale è contraria al diritto europeo.

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La Corte di Giustizia Europea ha già stabilito che il CBD non è uno stupefacente e non può essere soggetto a restrizioni senza prove scientifiche della sua nocività. Esperti giuridici italiani, tra cui il professor Alfonso Celotto, sostengono che le leggi nazionali che contraddicono le disposizioni europee debbano essere ignorate.

Sebbene un tribunale regionale del Lazio abbia recentemente confermato il divieto di prodotti orali a base di CBD per motivi di salute pubblica, molti esperti ritengono che queste preoccupazioni siano esagerate e non supportate da un consenso scientifico.

Il deputato del Partito Democratico Stefano Vaccari ha definito la decisione di Parma “la prima risposta alla furia ideologica del governo Meloni”, osservando che i fiori di canapa non sono considerati stupefacenti secondo la legge italiana.

Conseguenze per l’industria

Il decreto governativo ha causato danni considerevoli al settore italiano della canapa, che sostiene oltre 3.000 aziende e impiega circa 23.000 persone. Il valore stimato del settore prima del provvedimento era di circa 2 miliardi di euro. Dopo il divieto, molte aziende hanno chiuso o sono rimaste in un limbo legale.

“Dall’oggi al domani, onesti produttori agricoli si sono trasformati in criminali”, ha dichiarato Canapa Sativa Italia, una delle numerose associazioni di categoria che hanno contestato il decreto in tribunale.

Nonostante le crescenti reazioni negative in patria e all’estero, il governo Meloni non ha intenzione di revocare il decreto. La Commissione europea dovrebbe ora valutare la compatibilità della legge con le norme commerciali dell’UE e il Parlamento italiano deve decidere entro l’inizio di giugno se ratificare o respingere il provvedimento. Il Presidente Sergio Mattarella non ha ancora firmato il decreto.

Come siamo arrivati ​​fin qui?

Lo scontro tra il governo italiano e il settore della canapa industriale è il risultato di una lunga battaglia ideologica. Mentre l’UE offre protezione legale ai prodotti a basso contenuto di THC, il governo Meloni ha scelto di considerare la canapa una minaccia per la sicurezza pubblica, senza basare la propria politica sulla ricerca scientifica o su argomentazioni economiche.

La decisione del tribunale di Parma pone fine a questa narrazione e crea un precedente legale che permetterà alla resistenza di continuare. Per molti operatori del settore, si tratta anche di una vittoria morale, a dimostrazione del fatto che esistono ancora meccanismi legali e democratici per contestare leggi sproporzionate e politicamente motivate.

Mentre vengono preparate ulteriori azioni legali e l’UE osserva attentamente la situazione, l’industria italiana della canapa sta lottando non solo per la propria sopravvivenza, ma anche per essere riconosciuta come parte legittima dell’economia agricola europea. Come affermano i leader del settore: “Il mondo della canapa industriale non è disposto a subire in silenzio decisioni illogiche e incostituzionali”.