27 Agosto 2025
REDAZIONE
C’era un tempo in cui l’idea di sorseggiare una bibita alla cannabis sembrava destinata a cambiare il nostro modo di vivere l’aperitivo. I grandi marchi del beverage guardavano incuriositi, gli analisti scommettevano su un mercato miliardario e i consumatori sognavano un’alternativa all’alcol più leggera e, perché no, più sana.
Oggi, a distanza di qualche anno, il settore è in crescita, sì, ma non è esploso come previsto. Il sogno di una ‘Corona della cannabis’ è rimasto, per ora, una promessa.
Regolamentazioni complesse e mercato frammentato
Uno dei motivi principali di questa crescita a rilento è il quadro normativo confuso. NegliStati Uniti, a livello federale, il THC resta una sostanza illegale, mentre a livello stataleogni territorio scrive le proprie regole. In Minnesota i drink sono diventati un fenomeno da scaffale, venduti nei bar e nei negozi, mentre in California e Colorado le restrizioni hanno frenato il mercato. Questa disomogeneità rende difficile pianificare investimenti e strategie a lungo termine.
Sfide tecnologiche e gustative
Chi ha provato le prime versioni di queste bevande lo sa: non erano proprio irresistibili. Il THC, essendo liposolubile, non si sposa facilmente con l’acqua, e ottenere un prodotto dal sapore gradevole e dall’effetto prevedibile è stata una vera impresa. Alcuni test descrivevano gusti amari o quasi saponosi, un deterrente non da poco. Oggi le tecnologie stanno migliorando: le particelle sono più piccole, l’assorbimento più rapido e l’esperienza più stabile. Ma il ricordo delle ‘brutte esperienze’ con edibili troppo potenti pesa ancora sul settore.
Dal punto di vista tecnico, il problema principale è stato “domare” il THC in versione liquida.
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Solubilità: il THC è liposolubile e richiede processi complessi per diventare assimilabile rapidamente come l’alcol.
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Gusto: le prime formulazioni avevano un sapore sgradevole, descritto da alcuni tester come “amaro” o addirittura “saponoso”.
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Onset time: se l’effetto impiega troppo tempo ad arrivare, i consumatori rischiano di bere troppo, con esperienze negative che generano diffidenza.
Chi è davvero il pubblico dei drink al THC
Il mercato sta ancora cercando di capire a chi rivolgersi. I consumatori abituali di cannabis tendono a cercare dosaggi più forti rispetto a quelli offerti dalle lattine (di solito 2-10 mg). Gli amanti dell’alcol, invece, non sono ancora pronti a cambiare le loro abitudini. Resta un segmento promettente: i curiosi, quelli che vogliono un’alternativa socialmente accettabile, magari per un aperitivo tra amici senza il rischio di una sbornia. È qui che molte aziende stanno puntando, con campagne educative e un’immagine più accessibile.
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I consumatori abituali di cannabis spesso cercano dosaggi più alti di quelli offerti dai drink (2-10 mg), considerati troppo “soft”.
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Gli amanti dell’alcol sono poco propensi a sostituire il vino o la birra con qualcosa di nuovo e meno conosciuto.
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I curiosi o i “canna-curious”, magari alla ricerca di alternative sociali più leggere, rappresentano il bacino più promettente, ma serve educarli e abbattere stigmi ancora forti.
Rischi e percezioni negative
Non mancano le preoccupazioni. Il rischio di consumo accidentale, soprattutto da parte di bambini e adolescenti, è reale, e ha spinto molti stati a imporre etichette più chiare e restrizioni severe. C’è poi la questione dei test antidroga: anche una sola lattina può lasciare tracce per giorni, con possibili conseguenze sul lavoro, soprattutto in settori regolamentati.
Prospettive e potenziale
Nonostante le difficoltà, il settore non è fermo:
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Le vendite di prodotti derivati dalla canapa sono in crescita, con stime che parlano di un mercato da oltre mezzo miliardo di dollari annui entro il 2029.
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I grandi marchi dell’alcol stanno monitorando da vicino il fenomeno, e alcuni hanno già avviato partnership per testare linee dedicate.
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Dove i prodotti sono più accessibili, come in Minnesota, i numeri dimostrano che il potenziale c’è, soprattutto se il prezzo e il posizionamento riescono a parlare a un pubblico più ampio.
Nonostante tutto, i segnali positivi non mancano. Le vendite di prodotti a base di canapa stanno crescendo, e le grandi aziende dell’alcol stanno osservando il fenomeno con attenzione, alcune già pronte a lanciare linee dedicate. In stati come il Minnesota, dove l’accessibilità è alta, i numeri mostrano un potenziale interessante. Il prossimo passo sarà ampliare il pubblico, abbattere lo stigma e migliorare la distribuzione.
Uno sguardo al futuro
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Chiarezza normativa, per garantire stabilità agli investitori e sicurezza ai consumatori.
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Educazione del mercato, per spiegare dosaggi, effetti e differenze tra THC e CBD.
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Miglioramento dell’esperienza, rendendo i prodotti buoni, prevedibili e socialmente accettati.
Perché questi drink smettano di essere una curiosità da nicchia e diventino davvero un’alternativa mainstream, il settore dovrà affrontare tre sfide: chiarire le regole, educare il consumatore e perfezionare il prodotto.
Solo così, forse, la promessa iniziale di sorseggiare un ‘gin tonic’ alla cannabis senza mal di testa potrà diventare realtà.