27 Luglio 2025
I legislatori europei stanno facendo pressione sulla Commissione Europea affinché aumenti il contenuto massimo “autorizzato” di THC (vedi sotto) nella canapa industriale allo 0,5%, al fine di armonizzare la legislazione europea e proteggere il settore da misure nazionali sempre più restrittive.
Sebbene non sia ancora vincolante, questa iniziativa dimostra un forte slancio da parte delle istituzioni europee per fare chiarezza su un mercato regolarmente perturbato dall’incertezza giuridica.
Uno standard unificato per la canapa in preparazione
All’inizio di questo mese, la Commissione Agricoltura del Parlamento europeo (AGRI) ha invitato la Commissione europea a “confermare esplicitamente” la legalità della canapa e a stabilire una classificazione comune a livello UE per questa coltura. In particolare, ha raccomandato di aumentare il contenuto massimo di THC “autorizzato” dallo 0,3% allo 0,5%, il che, secondo molte parti interessate, rifletterebbe meglio le attuali realtà scientifiche e agricole.
A onor del vero, la Commissione europea non stabilisce un limite legale di THC per la canapa, ma piuttosto un livello massimo di THC oltre il quale una coltura non può più beneficiare del sostegno della Politica Agricola Comune (PAC). Ogni Stato membro rimane libero di determinare il proprio limite legale, spesso allineato al limite utilizzato per l’ammissibilità ai sussidi UE.
“Si tratta di garantire certezza del diritto ad agricoltori, trasformatori e investitori”, ha affermato Cristina Guarda, eurodeputata italiana dei Verdi e tra i promotori dell’emendamento.
Insieme a Luke Ming Flanagan (The Left, Irlanda) e Barry Cowen (Renew, Irlanda), la signora Guarda ha inserito una formulazione specifica nella posizione della Commissione AGRI sulla prossima PAC, il meccanismo di finanziamento agricolo multimiliardario dell’UE.
Il sostegno della commissione fornisce un sostegno istituzionale a una richiesta di lunga data da parte dei produttori europei di canapa. La proposta mira a eliminare le divergenze tra gli Stati membri e a stabilire tutele giuridiche per i coltivatori, in particolare nel contesto delle recenti misure repressive, in particolare in Italia.
Una risposta alla repressione italiana
Questa iniziativa legislativa fa seguito a una controversa decisione del governo italiano. Ad aprile, il governo del Primo Ministro Giorgia Meloni ha emanato un decreto che classifica i fiori di canapa come stupefacenti, criminalizzandone così la produzione e la vendita.
Questo decreto ha inferto un duro colpo al settore italiano della canapa, stimato dalla Coldiretti in un valore di 500 milioni di euro e che rappresenta oltre 3.000 aziende agricole. Da allora, la decisione è stata impugnata in tribunale e ampiamente condannata in tutta Europa.
In un recente parere legale, la Corte di Cassazione ha messo in dubbio la legittimità del divieto. Ha stabilito che “l’improvviso divieto di raccolta delle infiorescenze di una coltura agricola autorizzata da anni, che colpisce un mercato ancorché incentivato dall’UE, violerebbe il principio di libertà di iniziativa economica”.
Le zone grigie legali nell’UE
La frammentazione della regolamentazione della canapa nell’UE è da tempo un problema per le imprese. Sebbene la Corte di Giustizia dell’Unione Europea abbia stabilito nel 2020 che il CBD derivato dalla canapa non è uno stupefacente e può essere liberamente commercializzato in tutta l’Unione, la sua applicazione rimane incoerente.
La Francia ne è un esempio tipico. Dopo aver inizialmente vietato i fiori di canapa, la sentenza è stata annullata dal Consiglio di Stato e, in definitiva, ha abbandonato qualsiasi tentativo di regolamentazione del mercato, lasciando alla DGCCRF e ai tribunali il compito di elaborare una parvenza di norme basate sulle decisioni dei tribunali.
Nel frattempo, Germania, Repubblica Ceca e Austria hanno adottato approcci diversi ai limiti di THC e alla vendita di fiori, contribuendo a creare un mosaico giuridico che mina la coesione del mercato.
Secondo l’eurodeputata Guarda, una modifica delle soglie di THC a livello UE “revocherebbe immediatamente il divieto nazionale senza attendere l’entrata in vigore della nuova PAC nel 2028”. Per accelerare la riforma, la signora Guarda e altri legislatori stanno inoltre spingendo per modifiche all’Organizzazione comune del mercato (OCM), che definirebbero giuridicamente la canapa come comprendente fiori e derivati, non solo semi e steli.
Gli argomenti a favore di una soglia di THC dello 0,5%
Il limite proposto dello 0,5% di THC non è senza precedenti. Fino al 1984, la canapa europea poteva contenere fino a questo livello.
Tuttavia, nell’ambito di un inasprimento delle politiche antidroga, questa soglia è stata gradualmente abbassata allo 0,2% nel 1999, su impulso di Interchanvre e Hemp It, che stavano lavorando su varietà con lo 0% di THC. Nel 2021, i legislatori hanno concordato di aumentarla allo 0,3%, adducendo la mancanza di giustificazione scientifica per un limite inferiore.
I sostenitori di un limite dello 0,5% sostengono che offrirebbe la flessibilità necessaria agli agricoltori, soprattutto perché il contenuto di THC può variare a seconda di fattori naturali come la composizione del terreno e le condizioni meteorologiche.
Inoltre, i livelli di CBD tendono ad aumentare proporzionalmente al THC, il che significa che una soglia più elevata consentirebbe un’estrazione più efficiente del cannabidiolo, riducendo così gli sprechi e migliorando le prestazioni economiche.
La commissione AGRI ha inoltre sottolineato che allentare la restrizione sul THC potrebbe aprire “nuove opportunità economiche” lungo tutta la filiera della canapa, dalle applicazioni in fibre e alimenti ai prodotti cosmetici e per il benessere.
La richiesta di armonizzazione da parte dell’industria
Le associazioni di categoria europee avvertono da tempo che, se i limiti al THC non verranno affrontati a livello europeo, misure nazionali come quelle adottate dall’Italia potrebbero diffondersi, scoraggiando gli investitori e minacciando le filiere di approvvigionamento.
“Senza una politica armonizzata sulla canapa, l’Europa rischia di ostacolare una coltura che offre chiari benefici ambientali ed economici e gode già di un’ampia accettazione da parte dei consumatori”, si legge in una dichiarazione del settore in risposta alla raccomandazione della Commissione AGRI.
Paesi come Svizzera, Repubblica Ceca e Messico consentono già coltivazioni di canapa contenenti fino all’1% di THC, mentre gli Stati Uniti mantengono un limite dello 0,3% nonostante le proposte dell’1%. I sostenitori di questa misura sostengono che l’UE debba adattarsi o rimanere indietro in un mercato globale in rapida evoluzione.