9 Settembre 2025
REDAZIONE
Negli ultimi mesi la filiera della canapa in Italia si è trovata a fare i conti con provvedimenti ministeriali e norme contraddittorie, che hanno generato incertezza e paura tra imprenditori e agricoltori. Due vicende recenti lo dimostrano chiaramente: la chiusura del sito di un’azienda per un olio veterinario a base di canapa e l’applicazione del discusso decreto Sicurezza che vieta la vendita del fiore di cannabis light.
Il caso Enecta
Jacopo Paolini, Ceo e fondatore dell’azienda Enecta, ha visto oscurato per oltre due mesi il sito di e-commerce della sua società, specializzata in prodotti a base di canapa. Tutto a causa di un olio veterinario privo di THC, il principio psicoattivo vietato. Il ministero della Salute ha considerato il prodotto un medicinale veterinario non autorizzato, ordinandone di fatto il blocco. La decisione, però, non si è limitata al singolo articolo: l’intero catalogo online – circa trenta prodotti – è stato reso inaccessibile dal 5 maggio al 19 luglio, con un crollo del fatturato dell’80%.
Enecta ha denunciato un provvedimento sproporzionato: secondo le analisi indipendenti, l’olio non contiene cannabinoidi e rientra nei mangimi complementari per animali. L’azienda cita sentenze europee e pareri dell’Ema a sostegno della propria posizione. Alla fine, dopo aver rimosso il prodotto contestato, il ministero ha revocato il blocco. Ma nel frattempo l’azienda ha perso tra i 150 e i 200mila euro e ha già avviato un ricorso al Tar del Lazio, annunciando la richiesta di risarcimento danni.
Il decreto Sicurezza e la cannabis light
Parallelamente, resta al centro del dibattito l’articolo 18 del decreto Sicurezza, che vieta la vendita e la lavorazione del fiore di canapa. La misura, sponsorizzata dal sottosegretario Alfredo Mantovano, doveva stroncare il mercato della cannabis light. Nei fatti, però, si è rivelata un “bluff”: secondo le associazioni Canapa sativa Italia e Federcanapa, solo il 20-30% dei negozi ha chiuso, mentre la maggior parte continua a resistere, seppur nel timore di controlli e sanzioni.
Anzi, i sequestri di cannabis light sono perfino diminuiti. L’avvocato Carlo Alberto Zaina sottolinea come i provvedimenti amministrativi e penali siano in calo e come la Cassazione abbia messo in dubbio la costituzionalità del divieto. Molti processi per spaccio a carico di imprenditori del settore si concludono con assoluzioni, in oltre il 90% dei casi.
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha cercato di rassicurare il comparto, promettendo una circolare che chiarisca come “ciò che era lecito resta lecito e ciò che era vietato continua ad esserlo”. Una formula che di fatto conferma lo status quo, senza offrire però certezze. Persino Coldiretti, storicamente vicina al governo Meloni, ha criticato duramente l’articolo 18, ritenendolo un danno per migliaia di aziende agricole che avevano investito nella canapa.
Una guerra tutta politica
L’impressione è che il governo stia combattendo una battaglia ideologica più che basata su dati concreti. Da un lato, si colpisce un’azienda per un prodotto innocuo come un olio veterinario senza THC; dall’altro, si introduce un divieto che nei fatti non viene applicato con rigore, probabilmente per evitare bocciature costituzionali.
Intanto, il settore vive nell’incertezza: in Sardegna si è arrivati al sequestro di una piantagione, nelle Marche restano sanzioni isolate, e il caso Enecta dimostra quanto sia fragile la sopravvivenza delle imprese del comparto. Non mancano le azioni legali: associazioni e aziende hanno presentato ricorsi in diversi tribunali italiani, con la speranza che la questione arrivi fino alla Corte costituzionale o persino alla Corte di Giustizia europea.
Le promesse elettorali di Giorgia Meloni – “Chi fa impresa va sostenuto, non vessato” – sembrano oggi lontane. Nella realtà, le imprese della canapa si sentono ostacolate da norme confuse e provvedimenti sproporzionati, sospese tra la speranza di un riconoscimento giuridico e il timore di un’inasprimento improvviso dei controlli. Una situazione che rischia di soffocare un settore in crescita, senza offrire al Paese alcun reale vantaggio.