Brasile: annullate oltre 3.600 condanne per possesso di marijuana

23 Dicembre 2025

Smoke Buddies

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Il Brasile ha iniziato a sentire, nella pratica, gli effetti della decisione della Corte Suprema di depenalizzare il possesso di marijuana per uso personale. Un ampio gruppo di lavoro coordinato dal CNJ (Consiglio Nazionale di Giustizia) ha esaminato quasi 30.000 casi relativi a piccole quantità di pianta e ha annullato 3.676 condanne, tutte riguardanti individui trovati in possesso di marijuana fino a 40 grammi e senza prove di spaccio.

Questa cifra rappresenta il 12,4% del totale dei casi analizzati negli ultimi otto anni e segna la prima applicazione su larga scala della nuova interpretazione della Corte Suprema, che considera consumatore chiunque possieda fino a 40 grammi di marijuana o fino a sei piante femmine.

La revisione di queste condanne fa seguito alla decisione della Corte Suprema Federale, emessa nel luglio 2024, che ha eliminato la criminalizzazione del possesso di marijuana per uso personale e ha ordinato al Consiglio Nazionale della Magistratura (CNJ) di creare gruppi di lavoro per correggere le distorsioni nelle condanne emesse in base alla precedente interpretazione della Legge brasiliana sulle Droghe.

Oltre alla quantità, i tribunali dovevano considerare l’assenza di altre sostanze illecite al momento dell’arresto e l’assenza di prove indicanti il ​​traffico di droga. Questo criterio è cruciale, poiché il 62,5% dei casi analizzati in Brasile si è concluso con condanne per traffico di droga, anche quando l’individuo possedeva quantità minime di marijuana. Inoltre, la maggior parte delle indagini si è concentrata in tre stati: Santa Catarina, San Paolo e Minas Gerais, che insieme hanno rappresentato l’83% delle assoluzioni.

Ben oltre la marijuana: un gruppo di lavoro rivela difetti strutturali

Il gruppo di lavoro del 2025 è andato oltre la cannabis e ha evidenziato le profonde debolezze del sistema penale brasiliano. La seconda area di interesse ha esaminato la detenzione preventiva di donne incinte, madri che allattano e madri di bambini fino a 12 anni o di coloro che si prendono cura di persone con disabilità. Questa questione è supportata dalle decisioni della Corte Suprema a partire dal 2018, quando la sentenza HC 143.641 ha stabilito che queste donne debbano scontare la pena agli arresti domiciliari, salvo casi eccezionali.

A gennaio, il Ministro Gilmar Mendes ha ribadito la necessità di conformarsi a questa sentenza, affermando che vi era stata una “resistenza ingiustificata” da parte dei tribunali locali. Durante i lavori del gruppo di lavoro, sono stati analizzati 6.948 casi, che hanno portato al rilascio di 2.226 donne, mentre altre 2.858 sono rimaste in carcere, principalmente per reati violenti. È interessante notare che nel 21% dei casi è stato richiesto solo l’aggiornamento delle informazioni di registrazione. Le donne già rilasciate erano ancora registrate come detenute, il che ha rivelato gravi carenze nei sistemi informativi.

Un’altra area di interesse ha analizzato 16.400 carcerazioni preventive di durata superiore a un anno. In 3.104 di questi casi, la detenzione è stata sostituita da misure cautelari come la sorveglianza elettronica o gli arresti domiciliari. Nel 16,1% dei casi, il problema non era legale, ma burocratico: persone già rilasciate o addirittura decedute erano ancora elencate come detenute nei database. Il gruppo di lavoro ha anche dedicato una fase all’analisi degli incidenti procedurali arretrati nel SEEU (Sistema Unificato di Esecuzione Elettronica) e nei sistemi informatici.

Degli 86.300 incidenti mappati, solo il 24,6% è stato effettivamente esaminato. Ciononostante, sono state accolte 6.295 istanze di estinzione della pena, sono state riconosciute 2.513 prescrizioni e a 1.558 persone è stato concesso il passaggio al regime semi-aperto. Secondo Valdirene Daufemback, coordinatrice del programma Making Justice, la sfida più grande risiede proprio negli oltre 65.000 casi non analizzati, molti dei quali potrebbero contribuire ad alleviare il carico di lavoro sul sistema carcerario se risolti.

È disponibile il rapporto completo del Criminal Procedure Working Group – Fair Sentence 2025 qui.