Germania: Anche i detenuti possono possedere cannabis ?

17 giugno 2025

https://www.lto.de/recht/nachrichten/n/5ors1725121srs3125-kammergericht-cannabis-in-haft-erlaubt-strafvollzug

Secondo la KG (Legge sul Consumo di Cannabis), ai detenuti è consentito possedere fino a 50 grammi di cannabis. Tuttavia, ciò non significa che sia loro consentito anche fumarla.

Le celle possono costituire una “residenza abituale” in cui i detenuti sono legalmente autorizzati a possedere cannabis? Questa era la domanda chiave per stabilire se ai detenuti sia consentito possedere fino a 50 grammi di cannabis nelle loro celle ai sensi della KCanG (Legge sul Consumo di Cannabis).

Nell’ambito della legalizzazione parziale della cannabis, ai detenuti è consentito possedere fino a 50 grammi di cannabis nelle loro celle durante il periodo della pena, in conformità con l’articolo 3 (2) frase 1 n. 1 della Legge sul Consumo di Cannabis (KCanG).

Questa è stata la sentenza della Corte d’Appello Regionale Superiore (KG) (sentenza del 28 maggio 2025, caso n. 5 OR 17/25 – 121 RS 31/25).

L’imputato in questo caso sta scontando una pena detentiva di due anni e tre mesi dal settembre 2023. Nell’aprile 2024, gli agenti hanno trovato nella sua cella 45,06 grammi di resina di cannabis contenente 13,64 grammi di tetraidrocannabinolo, destinata al consumo personale. Furono avviati ulteriori procedimenti penali nei confronti dell’uomo, ma il Tribunale Distrettuale di Berlino-Tiergarten (AG) stabilì che, ai sensi dell’articolo 3 (2) frase 1 n. 1 della legge sulla cannabis (KCanG), ciò costituiva il possesso lecito di un massimo di 50 grammi di cannabis presso la “residenza abituale” dell’imputato (caso n. 268 Ds 1101/24 – 273 Js 3522/24).

Tribunale Distrettuale: “Residenza abituale” a partire da sei mesi di reclusione.

Il fattore giuridicamente decisivo in questo caso è se la cella di detenzione possa essere considerata una “residenza abituale” ai sensi di legge. L’articolo 1, n. 17 della Legge sulla Cannabis (KCanG) contiene una definizione giuridica corrispondente: “Residenza abituale: il luogo in cui una persona si trova in circostanze che indicano che soggiorna in tale luogo o area per un periodo superiore a quello temporaneo; tali circostanze si presumono in caso di soggiorno continuativo in un luogo per almeno sei mesi, a prescindere dalle interruzioni di breve durata”. Dal punto di vista del Tribunale Distrettuale, questo è certamente il caso per un periodo di detenzione di almeno sei mesi. Il fatto che la permanenza in carcere sia generalmente involontaria è irrilevante a questo proposito.

La Procura ha presentato ricorso contro questa interpretazione giuridica. È piuttosto necessaria un’interpretazione restrittiva della Legge sulla Cannabis. Lo scopo della legge non è quello di disciplinare il possesso di cannabis nelle celle di detenzione, bensì il suo consumo in spazi abitativi privati.

La Procura ha inoltre sostenuto che l’articolo 8 (2) del Codice di Procedura Penale (StPO) stabilisce che la giurisdizione si basa sulla “residenza abituale” o sull’ultimo luogo di residenza noto qualora una persona non abbia una residenza permanente.

Da ciò, conclude che la “residenza abituale” nel Codice di Procedura Penale (KCanG) deve essere interpretata in modo restrittivo.

Infine, anche considerazioni relative alla sicurezza e all’ordine di un istituto penitenziario depongono a sfavore della definizione di celle di carcere come “residenza abituale” ai sensi del Codice di Procedura Penale (KCanG).

L’Alta Corte d’Appello conferma la decisione del Tribunale Distrettuale: le condizioni di vita effettive sono determinanti.

Il V Senato Penale dell’Alta Corte d’Appello ha respinto il ricorso, confermando così la decisione del Tribunale Distrettuale di Tiergarten.

Il Senato ha esaminato approfonditamente le motivazioni e le motivazioni per cui un istituto penitenziario può essere considerato la “residenza abituale” di un detenuto.

Sulla base del materiale legislativo, l’Alta Corte d’Appello, come il Tribunale Distrettuale, ha concluso: in conformità con le norme di diritto sociale e tributario su cui il legislatore ha basato le disposizioni del Codice Penale (KCanG), le condizioni di vita effettive sono (esclusivamente) determinanti.

Di conseguenza, la detenzione in un carcere potrebbe essere ricompresa nell’elemento della “residenza abituale”.

Il Senato ha continuato affermando che “considerazioni generali relative alla sicurezza e all’ordine dell’istituto penitenziario e alla minaccia all’obiettivo del carcere” non trovano riscontro nel KCanG e non sono pertanto idonee a un’interpretazione restrittiva delle disposizioni di autorizzazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, frase 1, n. 1 del KCanG, che le limiterebbe indebitamente.

Ciò non significa, tuttavia, che ai detenuti legalmente in possesso di cannabis sia consentito anche fumare. Il KG sottolinea che l’amministrazione penitenziaria rimane libera “di vietare in generale il possesso e il consumo di cannabis negli istituti penitenziari e negli istituti di trattamento forense, nel rispetto della sicurezza e dell’ordine dell’istituto, sulla base delle leggi penitenziarie applicabili, e di punire le relative violazioni con misure penitenziarie”.

Il KG ha lasciato aperta la questione se “la coltivazione di piante di cannabis in una cella di prigione sarebbe esente da procedimenti penali o amministrativi, o se l’articolo 9 (1) della legge sulla coltivazione di cannabis (KCanG) limiti la coltivazione consentita ai locali destinati a scopi residenziali privati, esentando così le strutture pubbliche come le carceri”. La questione sarà certamente decisa dai tribunali di altre sedi. jb/Redazione LTO