16 Maggio 2025
REDAZIONE
Uno scorcio della manifestazione in Puerta del Sol: migliaia di partecipanti con palloncini verdi e striscioni hanno animato il centro di Madrid per la Marcia Mondiale della Marijuana 2025.
Madrid, 10 maggio 2025 – Sabato pomeriggio il cuore della capitale spagnola si è colorato di verde per la Marcia Mondiale per la Marijuana. Migliaia di persone – consumatori, coltivatori, pazienti terapeutici, attivisti e semplici cittadini solidali – si sono radunate in Puerta del Sol fin dalle ore 18, decise a farsi sentire. L’atmosfera era insieme festosa e combattiva: nonostante le nubi minacciose annunciate dal meteo, un sole tiepido ha accompagnato la manifestazione, riflettendosi sui centinaia di palloncini verdi con il simbolo della cannabis che ondeggiavano sopra la folla. A 28 anni dalla prima marcia cannabica tenutasi in città, l’entusiasmo dei partecipanti non è stato scalfito nemmeno da alcuni ostacoli logistici dell’ultimo momento – segno che la “marea verde” spagnola mantiene intatta la propria determinazione.
Musica, allegria e disobbedienza: l’atmosfera della manifestazione
Il corteo, inizialmente previsto lungo le vie principali del centro, ha dovuto modificare il suo percorso storico a causa di un curioso contrattempo: proprio lo stesso giorno e alla stessa ora era stata autorizzata un’altra marcia di carattere evangelico sul tragitto originariamente richiesto dagli organizzatori. La Delegazione del Governo ha comunicato all’ultimo la sovrapposizione, negando così il consueto itinerario da Puerta del Sol a Plaza de España. In risposta, la Marcia della Marijuana si è adattata, deviando lungo la Calle de Alcalá fino alla fontana di Nettuno (presso Plaza de Neptuno), passando per la storica Plaza de Cibeles. Questo cambio di percorso – su strade leggermente meno affollate rispetto a Gran Vía e Callao, attraversati in passato – non ha però smorzato gli animi. Al grido di “¡La calle se planta!” (“la strada si pianta”, gioco di parole intraducibile che indica sia il “piantarsi” in segno di protesta sia il “piantare” riferito alla cannabis), il fiume di manifestanti ha sfilato pacificamente e con creatività per le vie di Madrid, attirando sguardi incuriositi dai marciapiedi e dai balconi.
Ad aprire il corteo c’era un grande striscione verde, retto dai rappresentanti delle principali associazioni cannabiche, con la scritta “Por nuestros derechos – #LeyCannabisYa” (“Per i nostri diritti – Legge sulla Cannabis Subito”). Intorno, un mare di cartelli fatti a mano e bandiere con la foglia a sette punte. Molti indossavano magliette a tema, cappellini decorati con simboli rasta e qualcuno si è presentato avvolto in una bandiera verde-oro-rosso, i colori della cultura reggae da sempre legata all’uso rituale della ganja. Dalle casse montate su un piccolo furgone si diffondevano note reggae e hip-hop, alternando classici come “Legalize It” di Peter Tosh a brani di artisti spagnoli pro-legalizzazione. La colonna sonora ha contribuito a creare un clima gioioso: ovunque si vedevano persone ballare in strada e sorridersi. Non è mancato il tradizionale gesto di disobbedienza collettiva: in più momenti del corteo i partecipanti si sono accesi una canna all’unisono, fumando apertamente in pubblico. In un tratto, all’altezza di Cibeles, la folla si è addirittura seduta sull’asfalto bloccando simbolicamente il traffico, formando un enorme sit-in profumato da nuvole di fumo dolciastro. Scene come questa – con centinaia di persone sedute in mezzo alla carreggiata a condividere liberamente uno spinello – vogliono lanciare un messaggio chiaro: fumare cannabis non deve essere più un reato.
Slogan e cori: “Spinelli sì, manganelli no!”
Manifestanti seduti in segno di protesta lungo Calle de Alcalá: i green balloon (palloncini verdi) e il fumo delle canne accese testimoniano la natura pacifica ma determinata del corteo.
Gran parte dell’energia della manifestazione si è espressa nei cori e slogan gridati a gran voce. Molti slogan erano in rima, giocosi ma incisivi, ripetuti in stile ritmico dal corteo. «¡Porros sí, porras no!» risuonava potente: in spagnolo la frase contrappone “spinelli sì, manganelli no”, rivendicando il diritto alle porros (canne) e rifiutando le porras (i bastoni della polizia). Un altro classico intonato da giovani e meno giovani era «El porrito no es delito», facilmente comprensibile anche per un italiano: lo spinello non è un crimine. Tra i più gettonati si udiva anche «¡No más multas!» – “Basta multe!” – riferimento diretto alle sanzioni amministrative che in Spagna colpiscono i consumatori colti in luogo pubblico. Questo coro veniva spesso accompagnato dal gesto di agitare un dito indice in segno di diniego, rivolto in senso figurato alle autorità.
Non sono mancati slogan ironici rivolti ai politici. «¡Ay, Pedrito, regúlame el porrito!» (“Dai, Pierino, regolarizzami lo spinello!”) hanno cantato alcuni manifestanti ridendo, alludendo familiarmente al premier Pedro Sánchez, leader di un governo che – a detta degli attivisti – promette ma non mantiene sull’argomento cannabis. Un altro coro originale echeggiato tra la folla è stato «La secreta se fuma nuestros petas»: un’affermazione canzonatoria secondo cui i poliziotti in borghese (la secreta, in gergo) “si fumano le nostre canne”. Il tono scanzonato strappava sorrisi, ma sottintendeva una critica reale alla doppia morale percepita: mentre gli utenti comuni vengono multati, chi applica la legge sarebbe il primo a non crederci davvero. In generale, tutti i motti lanciati durante la marcia – per quanto espressi con humor e creatività – ribadivano lo stesso concetto di fondo: è ora di finirla con la criminalizzazione della cannabis e di chi la consuma.
Le richieste: legalizzazione integrale e fine della repressione
Oltre all’allegria del corteo, la giornata aveva un obiettivo preciso: dare voce a richieste politiche concrete. Al termine della marcia, ai giardini di Plaza de Neptuno davanti al Museo del Prado, gli organizzatori hanno letto un manifesto unitario dal palco. Nel testo, preparato collettivamente dalle associazioni, si ribadivano con forza le rivendicazioni chiave del movimento cannabico spagnolo. “Vogliamo una regolamentazione inclusiva, che rispetti la nostra autonomia personale e riconosca i nostri diritti come consumatori di cannabis. Non vogliamo più multe né persecuzioni!” – proclamava il manifesto, accolto dagli applausi. La folla agitava i palloncini verdi e alzava al cielo le mani in segno di approvazione mentre venivano elencati i punti principali della piattaforma: legalizzazione integrale del cannabis per uso ricreativo, medico e industriale; diritto all’autocoltivazione, individuale e in forma collettiva attraverso i Cannabis Social Club; fine della criminalizzazione degli utenti e dei piccoli coltivatori, con cancellazione delle sanzioni e degli eventuali precedenti penali legati alla semplice condotta di consumo personale; accesso agevole e garantito alla cannabis terapeutica per i pazienti, superando le attuali lungaggini burocratiche; infine, l’adozione di un approccio normativo basato sulla salute pubblica e i diritti umani al posto dell’attuale approccio punitivo.
Dal palco, i portavoce hanno ricordato che questa pianta “non ha padroni, né colore di pelle, né classe sociale” – parafrasando il manifesto – a sottolineare come la cannabis faccia parte della cultura umana da millenni e appartenga a tutti, non solo a chi detiene il potere. Un passaggio particolarmente applaudito è stato quando si è affermato: “la nostra dignità non si negozia”. Queste parole hanno colpito nel segno, ribadendo che la comunità cannabica è stanca di essere trattata come criminale o marginale: il consumo di cannabis riguarda i diritti individuali, la salute e la giustizia sociale, e su questi principi non si accettano compromessi al ribasso.
Nel documento si denuncia anche l’ipocrisia istituzionale di uno Stato che “da un lato intrattiene il pubblico con promesse vuote, dall’altro continua a sanzionare, chiudere i club e lasciare i pazienti e coltivatori nell’incertezza”. Il riferimento è alla situazione attuale in Spagna: mentre in diversi paesi del mondo – persino in Europa – si avanza verso la regolamentazione, qui “continuiamo a vivere sotto leggi che puniscono la dissidenza e l’autogestione”. La Spagna, un tempo considerata all’avanguardia per le sue tolleranti politiche informali (come l’esperienza dei Cannabis Social Club nati nei Paesi Baschi e in Catalogna), oggi vive un paradosso di stallo normativo: il Parlamento ha una maggioranza progressista dal 2018, eppure nessuna legge di legalizzazione è stata ancora approvata. Persino la legalizzazione della cannabis medicinale – chiesta dal Congresso dei Deputati nel 2022 – è rimasta lettera morta se non per qualche timido progetto pilota. Di questo immobilismo legislativo hanno parlato gli attivisti nei loro interventi: “Non possiamo più aspettare mentre altrove fioriscono mercati legali e noi restiamo fermi a politiche di 30 anni fa”, hanno dichiarato dal palco. La richiesta, dunque, è di una legge nuova, giusta, efficace e sociale, che metta fine definitivamente al proibizionismo sulla marijuana in Spagna.
Tra partecipazione e repressione: un evento simbolico in tempi difficili
La manifestazione di quest’anno – la XXVII Marcia Mondiale della Marijuana organizzata a Madrid – è stata nel complesso un successo di partecipazione, anche se più contenuto rispetto ad alcune edizioni passate. Secondo le stime degli organizzatori, il corteo ha contato “qualche migliaio di persone”. “Quanti eravamo? Tremila, quattromila?” si chiedeva a fine evento uno degli attivisti storici, conosciuto come “Lucky” dell’associazione AMEC, per poi rispondersi con autoironia: “Eravamo abbastanza da non rendere la marcia ridicola”. Il clima tra i partecipanti era di soddisfazione: “È stata una marcia meravigliosa, con il sole, buoni profumi e un percorso diverso dal solito” ha commentato raggiante Patty Amiguet, portavoce della ConFAC (la Confederación de Federaciones Cannábicas), mostrando ottimismo nonostante le difficoltà. Va ricordato infatti che solo pochi anni fa la Marcia di Madrid radunava folle molto più imponenti – in alcuni anni oltre 30.000 persone avevano invaso le strade per chiedere la legalizzazione. Il calo di partecipazione recente, secondo molti attivisti, riflette in parte una certa stanchezza e frustrazione dopo anni di mancate riforme, ma anche il clima di maggiore repressione che oggi circonda il movimento. “Dieci anni fa pensavamo di essere a un passo dalla regolamentazione, con i nuovi partiti che la promettevano in campagna elettorale” – ha ricordato un esponente dei social club – “invece oggi la repressione è perfino maggiore di allora: basta vedere la persecuzione che stanno subendo le associazioni cannabiche, il più coraggioso esempio di disobbedienza civile in Europa”. In effetti, nell’ultimo periodo decine di cannabis club sono stati chiusi dalle autorità in diverse città spagnole, Madrid inclusa, tramite operazioni di polizia e cavilli legali che colpiscono questi spazi di consumo controllato nati nell’alveo della società civile. Molti presenti al corteo indossavano magliette con slogan come “Ni multas ni castigos” (“né multe né punizioni”) proprio per protestare contro queste chiusure e contro la recente stretta proibizionista.
Gli organizzatori hanno anche denunciato quanto accaduto nell’edizione precedente della marcia madrilena: nel 2024 (e ancor prima nel 2023) si verificarono interventi polizieschi senza precedenti, con agenti schierati a circondare la concentrazione finale e addirittura multe comminate sul posto a persone del pubblico trovate in possesso di cannabis. Per la prima volta in 25 anni di storia, l’anno scorso la Marcia si è conclusa in anticipo sotto minaccia di sgombero da parte della polizia, suscitando indignazione tra i partecipanti. “L’anno scorso qui attorno c’era un esercito di agenti e ci fecero spegnere la musica prima del tempo” ricorda un volontario di AMEC, “ma non sono riusciti a spegnere la nostra voce”. Quest’anno, forse anche in reazione alle critiche per quell’eccesso di zelo, la presenza delle forze dell’ordine è stata più discreta. La Polizia Locale e Nazionale si sono limitate a scortare il corteo lungo il nuovo percorso, osservando a distanza mentre i manifestanti fumavano liberamente: nessun incidente è stato segnalato e la protesta si è svolta in maniera del tutto pacifica. Il contrasto con l’anno precedente non è passato inosservato: segno che la pressione popolare può contenere gli eccessi repressivi, almeno durante eventi pubblici così partecipati.
Reazioni, media e prospettive future
Sul fronte mediatico, la Marcia Mondiale della Marijuana a Madrid ha ricevuto poca attenzione dai grandi mezzi di informazione tradizionali. Mentre televisioni e quotidiani nazionali hanno appena menzionato l’evento – in molti casi ignorandolo del tutto – sono stati i media indipendenti e di settore a offrire copertura: testate progressiste, riviste sulla cultura cannabica e blog attivisti hanno pubblicato resoconti dettagliati, sottolineando il significato politico della protesta. Sui social network, intanto, la manifestazione ha trovato ampio eco: le immagini del corteo con la folla festante e i palloncini verdi hanno rapidamente fatto il giro di Twitter, Instagram e Facebook, rilanciate dagli utenti sotto hashtag come #MarihuanaEnMarcha, #NoMásMultas e #LeyCannabisYA. Numerosi partecipanti hanno condiviso video in diretta dalla piazza, mostrando la marea umana che riempiva Puerta del Sol e gridava a gran voce per la riforma delle leggi sulle droghe. Le reazioni online sono state in stragrande maggioranza positive: attivisti di altri movimenti, esponenti della sinistra e semplici cittadini hanno espresso sostegno, commentando ad esempio “era ora che ci si facesse sentire” oppure “lo Stato ascolti questa gente”. Non sono mancate, prevedibilmente, anche critiche dalle frange conservatrici: qualche utente su Twitter ha bollato i manifestanti come “drogati irresponsabili”, e ambienti vicini al partito di destra al governo regionale hanno minimizzato la portata della protesta. Ma gli organizzatori non si sono detti sorpresi: “Sappiamo che certi stigma sono duri a morire, ma l’opinione pubblica sta cambiando con noi” – ha commentato a fine evento un rappresentante dei collettivi, ricordando che quasi la metà degli spagnoli è favorevole alla legalizzazione (secondo sondaggi nazionali recenti), percentuale che sale oltre il 90% se si parla di uso terapeutico.
Sul piano politico istituzionale, tuttavia, il cammino appare ancora in salita. Proprio in questi giorni la Comunità di Madrid, guidata da un’amministrazione conservatrice, ha promosso un piano anti-droga fortemente repressivo, arrivando a incoraggiare i cittadini a denunciare alle autorità i consumatori di cannabis nelle scuole e perfino nei complessi di edilizia popolare. “Mentre mezza Europa legalizza, qui ci invitano alla delazione in stile franchista” ha commentato amaramente un’attivista al megafono durante il corteo, riferendosi all’iniziativa voluta dal governo regionale di Isabel Díaz Ayuso. A livello nazionale, il governo di coalizione centro-sinistra non ha finora mantenuto le promesse di riforma: sebbene nel programma elettorale fossero incluse aperture sulla regolamentazione, nessun disegno di legge è ancora approdato in aula. Ciò nonostante, i manifestanti non sembrano scoraggiati. Molti oratori hanno ricordato i progressi all’estero, convinti che anche in Spagna sarà solo questione di tempo: “Se la Germania quest’anno legalizza, l’effetto domino arriverà fino a qui” hanno assicurato dal palco, facendo riferimento al progetto di legge tedesco ormai imminente. L’auspicio diffuso è che la Spagna non perda il treno delle riforme, rimanendo indietro rispetto a paesi vicini come Germania, Malta, Lussemburgo e tanti stati negli USA e in America Latina dove la cannabis è già regolamentata o in via di legalizzazione.
In conclusione, la Marcia Mondiale per la Marijuana 2025 di Madrid è stata molto più di un semplice raduno di appassionati: è stata una giornata di festa comunitaria, di sfida politica e di speranza. Festosa perché migliaia di persone hanno potuto condividere liberamente musica, sorrisi e fumo senza paura, trasformando per qualche ora le strade della capitale in uno spazio liberato. Politica perché ogni coro, ogni cartello e ogni intervento dal palco sono serviti a lanciare un messaggio inequivocabile alle istituzioni: basta ritardi, la legalizzazione della cannabis deve diventare realtà. Speranzosa perché, nonostante le delusioni passate, quella “fiamma” di cambiamento arde ancora nei cuori del movimento – e questa fiamma non si spegne. Le ultime parole del manifesto, urlate in coro prima di sciogliere la manifestazione, riecheggiano ancora: “¡Ni multas ni represión, justicia cannábica ahora!” (“Né multe né repressione, giustizia per la cannabis adesso!”). La marea verde promette di tornare ogni anno, più forte e numerosa, finché vedrà realizzarsi il sogno di una cannabis libera, regolamentata e finalmente sottratta al buio del proibizionismo.