Il Codice della Strada, il Fallimento di Salvini e la Retromarcia dei Ministeri: Cosa Cambia Davvero sulla Guida e le Sostanze

9 Maggio 2025

REDAZIONE

Il nuovo corso sul Codice della Strada ha preso una direzione inaspettata e, per molti, auspicata. Dopo mesi di polemiche, prese di posizione e interrogativi giuridici, una circolare congiunta dei Ministeri dell’Interno e della Salute ha riscritto nei fatti quanto stabilito dalla riforma voluta dal Ministro dei Trasporti Matteo Salvini.

Quella riforma, approvata nel novembre dell’anno precedente, aveva eliminato ogni riferimento allo “stato di alterazione psico-fisica” tra i requisiti per sanzionare chi si mette alla guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti. Bastava un test positivo – anche a distanza di giorni o settimane – per incorrere in sanzioni gravi, comprese la sospensione immediata della patente.

Ma l’11 aprile 2025 è arrivata la svolta: una circolare inviata a prefetture e forze dell’ordine ha chiarito che quel principio non è più valido. Per incriminare un conducente non basta più un semplice riscontro di sostanza nel corpo. Serve la prova che la sostanza stia ancora producendo effetti psicoattivi al momento della guida e che sia stata assunta in un periodo di tempo ravvicinato alla messa in moto del veicolo.

Questa presa di posizione rappresenta, nei fatti, una smentita clamorosa alla linea dura di Salvini, che aveva puntato su un inasprimento senza sfumature, apparentemente più ideologico che legato alla reale sicurezza stradale. La modifica non è marginale: reintroduce un criterio logico e giuridicamente fondato, quello dell’effettiva alterazione, che era stato frettolosamente cancellato.

La nuova prassi, tutt’altro che improvvisata, stabilisce una procedura operativa molto chiara. In prima battuta, carabinieri o polizia devono effettuare un test salivare, considerato accertamento preliminare. Se il risultato è positivo, si procede con il prelievo di due campioni di saliva. Questi devono essere conservati a una temperatura controllata di 4 gradi e inviati rapidamente a un laboratorio di tossicologia forense, dove verranno sottoposti ad analisi di secondo livello. Solo queste ultime, definite analisi “di conferma”, potranno avere valore legale.

Il cuore del processo è l’individuazione dei metaboliti attivi, ovvero quelle molecole che dimostrano che una sostanza è ancora in grado di alterare le funzioni psicofisiche del conducente. I metaboliti inattivi, invece, sono prodotti residui di un’assunzione ormai metabolizzata e quindi priva di effetti. Ed è solo la presenza di quelli attivi che può costituire un elemento probatorio valido. I test delle urine, molto usati in passato, vengono dunque esclusi, perché non permettono di stabilire un’intossicazione in atto.

La circolare presta attenzione anche a un altro aspetto cruciale: le terapie ospedaliere o farmacologiche. Viene specificato che le analisi devono tenere conto di trattamenti effettuati in ambito sanitario o prescritti dal medico, in modo da evitare sanzioni a persone che fanno uso legale di farmaci contenenti principi attivi simili a quelli delle droghe, come oppioidi o psicofarmaci.

Infine, nel caso in cui anche l’analisi di conferma risulti positiva, il secondo campione prelevato va conservato a -18 gradi per almeno un anno, a disposizione della magistratura per eventuali controanalisi o ricorsi da parte della difesa.

La retromarcia dei ministeri non è solo tecnica ma anche politica. La circolare rappresenta una risposta alle critiche di giuristi, associazioni antiproibizioniste e, soprattutto, ai rilievi sollevati da vari tribunali.

Il caso emblematico è quello del tribunale di Pordenone, che ad aprile aveva chiesto alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla legittimità del nuovo Codice. In attesa della decisione della Consulta, questa nuova interpretazione normativa limiterà notevolmente l’applicazione automatica delle sanzioni. In pratica, molti dei casi sollevati nei mesi passati non saranno più perseguibili secondo i criteri chiariti dalla circolare.

Nonostante la legge approvata dal Parlamento resti formalmente in vigore, il suo impianto viene profondamente svuotato di significato sul piano pratico. Le forze dell’ordine dovranno attenersi alle nuove linee guida, fondate su elementi oggettivi e scientifici, e non più su un’interpretazione rigida e pregiudiziale.

In conclusione, si può parlare a tutti gli effetti di un fallimento politico per Matteo Salvini, che ha visto la sua proposta di tolleranza zero sconfessata dai fatti e dalle esigenze concrete di giustizia. Ma si può parlare anche di una vittoria della razionalità, del diritto e della scienza su una visione semplificata e punitiva che rischiava di trasformarsi in un’arma indiscriminata contro i cittadini, più che in un reale strumento di tutela della sicurezza stradale.