25 aprile 2025
Redazione
Il 12 aprile 2025 entra in vigore in Italia l’articolo 18 del Decreto Sicurezza, trasformando il fiore della canapa in un nuovo fronte di scontro tra diritto nazionale e norme europee. La norma vieta in blocco l’importazione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto e l’invio delle infiorescenze di canapa. Nessuna distinzione è fatta tra varietà industriali a basso THC e cannabis ad alto contenuto psicoattivo: tutto diventa reato, tutto diventa rischio.
A pagare il prezzo di questa norma sono circa 3.000 imprese – tra coltivatori, trasformatori e rivenditori – e circa 30.000 lavoratori, di cui 10.000 a tempo pieno e 20.000 stagionali. Il comparto, che fino al giorno prima era perfettamente legale, si trova all’improvviso criminalizzato.
Il settore Ha reagito con prontezza il 18 aprile 2025, quando le associazioni Canapa Sativa Italia (CSI) e Imprenditori Canapa Italia (ICI) depositano il primo ricorso presso il tribunale civile di Firenze, affidandosi agli avvocati Giacomo Bulleri e Giuseppe Libutti. L’azione si basa sulla mancata notifica alla Commissione Europea come previsto dalla direttiva 2015/1535, nota come “Single Market Transparency Directive”, che impone agli Stati membri di informare Bruxelles su qualsiasi nuova regola tecnica che possa ostacolare la libera circolazione delle merci. L’assenza di notifica obbligatoria rende potenzialmente nulla la norma, che potrebbe essere disapplicata da qualsiasi autorità amministrativa o giudiziaria.
Il governo Meloni, secondo i ricorrenti, ha ignorato questo obbligo, come già accaduto nel 2023 con il divieto sulla carne coltivata. La Commissione Europea, in una risposta datata 11 aprile 2025 e indirizzata al presidente di ICI Raffaele Desiante, conferma che in assenza di notifica, le norme possono essere disapplicate dai giudici nazionali. È un segnale forte, che apre la strada a numerosi ricorsi.
Il 21 aprile 2025, la rivista di settore Dolce Vita pubblica un articolo che documenta l’inizio della “battaglia finale”. Bulleri, uno dei legali, dichiara: “Tutte le azioni che partiranno porteranno a una decisione definitiva. L’infiorescenza sotto lo 0,3 è un prodotto agricolo o una droga?”.
Il sostegno dell’Europa non si è fatto attendere. La Commissione Europea ha confermato, tramite comunicazione scritta, che i privati possono invocare il diritto comunitario davanti ai tribunali nazionali. In assenza di notifica, ogni giudice può e deve rifiutarsi di applicare una norma tecnica contraria al diritto dell’Unione. Questa posizione apre la strada a una lunga serie di ricorsi, sia in sede civile che amministrativa.
Tre giorni dopo, il 24 aprile 2025, viene resa pubblica un’interrogazione parlamentare dell’eurodeputata Valentina Palmisano (Movimento 5 Stelle) alla Commissione Europea. Palmisano chiede chiarimenti sull’indagine in corso da parte dell’esecutivo europeo e sollecita l’apertura di una procedura d’infrazione contro l’Italia, evidenziando l’incompatibilità del divieto con la sentenza della Corte di Giustizia UE che tutela la vendita di CBD legale in assenza di rischi dimostrabili per la salute pubblica. Palmisano ricorda che il DL Sicurezza dovrà essere convertito in legge entro il 12 giugno, lasciando una finestra temporale ristretta per fermare la norma.
Sempre il 24 aprile, un altro fronte giuridico si apre con il caso di Elena Tuniz, un’insegnante epilettica cui viene sospesa la patente per sospetta positività alla cannabis.
Nel frattempo, sul piano nazionale, diversi giudici hanno già sollevato eccezioni di costituzionalità, mettendo in discussione la legittimità del Decreto Sicurezza. Le accuse vanno dalla violazione del principio di proporzionalità all’abuso del ricorso alla decretazione d’urgenza. Anche alcune Regioni, come l’Emilia-Romagna, stanno valutando un ricorso alla Corte Costituzionale.
Il giudice di Udine potrebbe inviare il caso alla Corte Costituzionale, mettendo in discussione la riforma del Codice della Strada che consente il ritiro della patente anche in assenza di alterazione psicofisica. Pochi giorni prima, il GIP di Pordenone aveva già sollevato dubbi costituzionali sulla nuova norma per presunte violazioni degli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione.
Anche il Decreto Sicurezza in sé è finito sotto esame della Consulta. Il 26 maggio 2025, si attende la pronuncia su un ricorso riguardante un giovane fermato a un posto di blocco, mentre il 17 giugno è prevista un’udienza a Foggia in un altro caso legato a possibili abusi della norma. A livello regionale, l’Emilia-Romagna, su iniziativa di Alleanza Verdi e Sinistra, sta valutando un ricorso costituzionale contro il decreto.
La repressione normativa non si ferma alla canapa. Il 16 aprile 2025, il TAR del Lazio conferma la classificazione del CBD come narcotico, estendendo il divieto anche agli oli e ai prodotti orali, indipendentemente dalla parte della pianta da cui derivano. È un’ulteriore mazzata per un mercato che nel 2024 aveva generato oltre 2 miliardi di euro di fatturato.
La situazione ha suscitato una risposta vibrante dal tessuto imprenditoriale. A Roma è prevista una manifestazione nazionale per il 31 maggio, promossa dalla Rete No DDL Sicurezza. Durante un’audizione parlamentare, il costituzionalista Alfonso Celotto spiega che ogni autorità amministrativa ha il dovere di disapplicare norme incompatibili con il diritto UE, senza bisogno di sentenze.
Infine, dalle colonne di CannaReporter e Business of Cannabis, giunge l’eco internazionale del caso. Il direttore dell’European Industrial Hemp Association, Lorenza Romanese, accusa l’Italia di ignorare la Convenzione Unica sugli Stupefacenti e di violare i principi fondamentali del diritto comunitario. Il settore è in fermento anche all’estero, e non si esclude un ricorso diretto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Nel giro di pochi mesi, un intero comparto agroindustriale è stato spinto sull’orlo dell’estinzione. Ma la risposta non si è fatta attendere: tribunali, europarlamento, governi regionali, associazioni di categoria e consumatori stanno mettendo in atto una resistenza articolata e determinata.
La canapa industriale in Italia non è solo una coltura: è un simbolo di innovazione agricola, sostenibilità e libertà economica. E in queste settimane, tra ricorsi e interrogazioni, tra manifestazioni e sentenze, si sta giocando il suo futuro.
A detta degli esperti, la partita è ancora aperta. Il decreto dovrà essere convertito in legge entro il 12 giugno. In quella sede parlamentare si deciderà se salvare o affossare definitivamente il settore. Il tempo stringe. Le prossime settimane saranno decisive non solo per la canapa industriale italiana, ma per la credibilità giuridica del paese nei confronti delle regole europee e dei diritti fondamentali degli operatori economici.